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Museo nazionale etrusco di Chiusi
Photo © Marcel Fagin
Photo © Marcel Fagin

10 cose che potresti non sapere sugli Etruschi

Curiosità su una civiltà ancora avvolta dal mistero

Per dieci secoli, tra il X e il I secolo a.C., gli Etruschi occuparono una vasta regione corrispondente alla Toscana, all’Umbria occidentale e al Lazio centro-settentrionale attuali spingendosi anche nel Nord e Sud Italia. Tracce della civiltà etrusca sono infatti state ritrovate in diverse aree di Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Campania. Questo articolo vi presenta 10 cose che potresti non sapere sugli Etruschi, un popolo di cui tutti hanno sentito parlare almeno una volta nella vita ma che pochi di noi hanno preso il tempo di scoprire davvero.

Indice
  • 1.
    L’enigma delle origini
  • 2.
    L’Etruria, il più grande giacimento di ferro di tutto il Mediterraneo occidentale
  • 3.
    Oggetti di vita quotidiana ancora attuali
  • 4.
    La moda etrusca, fonte di ispirazione per i Romani
  • 5.
    Le donne etrusche, libere e emancipate
  • 6.
    Gli Etruschi: un popolo di bassa statura
  • 7.
    Il vino etrusco: una ricetta speciale
  • 8.
    Vulca, l’unico artista etrusco di cui conosciamo il nome
  • 9.
    Il mistero della lingua degli Etruschi
  • 10.
    La fine degli Etruschi

Questo articolo fa parte di:
1.

L’enigma delle origini

Area Archeologica di Roselle
Area Archeologica di Roselle - Credit: Marcel Fagin

Da dove venivano gli Etruschi? Dopo anni di supposizioni – durante i quali si è ipotizzato che gli Etruschi venissero da Nord, da Oriente, forse dal Mar Egeo – oggi abbiamo risposte attendibili. Gli scavi archeologici hanno infatti dimostrato che gli Etruschi discendono dalla civiltà villanoviana, una popolazione presente in Italia già al tempo dell’Età del Ferro che cambiò abitudini in seguito al contatto con i Greci, sbarcati nella penisola italiana nel 750 a.C. È dall’incontro tra queste due culture che molto probabilmente nacque la civiltà etrusca.

1.

L’Etruria, il più grande giacimento di ferro di tutto il Mediterraneo occidentale

Gli Etruschi possedevano i più grandi giacimenti di ferro di tutto il Mediterraneo occidentale, come ad esempio l’Isola d’Elba, e avevano le capacità necessarie per sfruttare questa preziosa risorsa. Gli archeologi hanno infatti ritrovato grandi forni di argilla alimentati a carbone e grandi mantici utilizzati per alimentare continuamente la fiamma. Lo scheletro di un minatore etrusco rinvenuto a Populonia rivela però che le condizioni di lavoro del tempo erano durissime: le sue ossa sono infatti consumate dall’artrosi, deformate dallo sforzo fisico, e presentano segni di un tumore causato dal fumo e dal pulviscolo.

1.

Oggetti di vita quotidiana ancora attuali

Museo Archeologico Nazionale di Chiusi
Museo Archeologico Nazionale di Chiusi - Credit: Marcel Fagin

I siti scavati e le tombe hanno rivelato tanti oggetti della vita quotidiana degli Etruschi. Tra questi, vi sono oggetti che utilizziamo ancora oggi. Gli archeologi hanno infatti trovato un fornello da appoggiare sulla brace e sul quale porre pentole di coccio, antenato delle attuali cucine a gas; un ombrello usato durante le cerimonie per ripararsi dal sole, di cui conserviamo tutta la struttura; decine di monete, tra le prime ad essere coniate e utilizzate in Italia, o ancora protesi in oro trovate nelle dentature etrusche per sostenere denti finti, dentiere ante litteram. Il Museo nazionale etrusco di Chiusi permette un’autentica immersione negli usi e costumi del tempo. Passeggiare nelle sue sale, ricche di sculture, vasi, piatti, specchi, gioielli, urne funerarie e utensili vari, è un buon modo per capire quale fosse il senso della vita (e della morte) per questa ricca civiltà.

1.

La moda etrusca, fonte di ispirazione per i Romani

Nella civiltà etrusca, l’abbigliamento per uomini si basava su due abiti fondamentali: la tunica e il mantello, arricchito da motivi a scacchi e losanghe, da decorazioni in oro e da colori vivaci. È dall’abbigliamento etrusco che trassero ispirazione anche i Romani: la toga sembra infatti sia un discendente diretto della tebenna, uno dei più popolari mantelli etruschi.

1.

Le donne etrusche, libere e emancipate

Museo Civico di Montepulciano, sezione archeologica
Museo Civico di Montepulciano, sezione archeologica - Credit: Laura Morelli

A differenza del mondo greco e romano, le donne etrusche trascorrevano gran parte del loro tempo al di fuori delle mura domestiche. Le iscrizioni rinvenute ci hanno tramandato alcuni dei loro nomi: Velelia, Anthaia, Thania, Larthia, Tita, Nuzinai, Ramutha, Velthura, Thesathei. Libere e emancipate, le donne etrusche partecipavano alla vita pubblica, sapevano leggere, potevano essere titolari di attività commerciali e possedere oggetti. Su un bucchero (piccolo recipiente per alimenti) conservato al Museo Gregoriano Etrusco, nei Musei Vaticani, leggiamo ad esempio: “Mi ramuthas kansinaia”, ovvero “io sono di Ramutha Kansinai”. Il proprietario del vaso, una donna, è qui identificato con nome e cognome. Immaginiamo queste donne camminare eleganti per le strade dell’antica Roselle, oggi importante area archeologica del comune di Grosseto. Le immaginiamo discutere tra loro passeggiando dalla fontana lungo la via di accesso alla città fino al foro, centro nevralgico della comunità.

 I vasi e le ampolle trovati in varie tombe – come la Tomba del Leone e quella della Pellegrina, la Tomba della Scimmia o quella del Colle, disposte lungo la strada che conduce al Lago di Chiusi – ci permettono di capire come si truccavano le grandi signore etrusche. Sappiamo infatti che il loro beauty case era ben fornito, con pomate, unguenti, profumi, rossetti e ombretti. Le donne etrusche benestanti preparavano maschere di bellezza molto idratanti con farina d’orzo, lenticchie e bulbi di narciso. Per rendere lucente la pelle, utilizzavano inoltre olio d’oliva sparso sul corpo e poi raccolto con lo strigile. I rossetti di allora erano ricavati da alghe marine o dal gelso e, per gli occhi, esistevano ombretti estratti dai fiori di croco. I capelli, raccolti in lunghe trecce fermate da un anello, potevano essere resi più biondi tramite l’uso di tinture, già documentato all’epoca. Dal VI secolo a.C. in poi, le Etrusche potevano controllare il risultato del loro trucco su specchi di bronzo lucidato.

1.

Gli Etruschi: un popolo di bassa statura

Dalle ossa trovate nelle numerose tombe dell’antica Etruria, sappiamo che gli Etruschi erano un popolo di bassa statura: le donne misuravano infatti un metro e cinquantacinque circa e gli uomini un metro e sessanta.

1.

Il vino etrusco: una ricetta speciale

Vino con miele, fiori e spezie
Vino con miele, fiori e spezie - Credit: Stefano Cannas

Nel mondo degli Etruschi, il banchetto permetteva di rinforzare i legami dei clan principeschi e di mostrare agli altri la propria ricchezza. Dopo un abbondante pasto di carne, zuppe di cereali,  frutta di stagione e frutta secca, nella seconda fase del banchetto veniva preparato e servito il vino. La ricetta del vino etrusco potrebbe però sorprendere i nostri palati. Si trattava infatti di un vino denso come miele da miscelare con l’acqua e arricchito da spezie, fiori, estratti vegetali e anche… formaggio grattugiato! In una sala all’interno della cantina Rocca di Frassinello a Gavorrano (Grosseto) sono conservati alcuni degli oggetti necessari alla preparazione e alla conservazione del vino etrusco. Tra questi, un magnifico stamnos realizzato e dipinto ad Atene intorno al 480 a.C. Proviene dalla necropoli etrusca di San Germano, parte dell’area archeologica di Rocca di Frassinello.

1.

Vulca, l’unico artista etrusco di cui conosciamo il nome

Se l’arte etrusca è esposta in musei di tutto il mondo, gli autori di questi capolavori restano immersi nel mistero. Pensate, vi è un solo artista etrusco di cui ci sia stato tramandato il nome: Vulca, scultore del VI secolo a.C. Secondo Plinio il Vecchio, Vulca lavorò per il re di Roma Tarquinio Prisco, che gli commissionò una statua di Giove, e per il Santuario di Portonaccio presso Veio, dove realizzò il meraviglioso Apollo conservato oggi al Museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma.

1.

Il mistero della lingua degli Etruschi

Iscrizioni etrusche, Città sotterranea di Chiusi
Iscrizioni etrusche, Città sotterranea di Chiusi - Credit: Marcel Fagin

A differenza dei Greci e dei Romani, gli Etruschi non ci hanno lasciato poemi, annali, resoconti storici o racconti. Per conoscere la loro lingua, di cui molto resta da scoprire, disponiamo solo di frammenti. La maggior parte dei 10 000 documenti in lingua etrusca giunti sino a noi, inoltre, sono iscrizioni dal contenuto ripetitivo nelle quali si ricordano semplicemente i nomi di persone, proprietari di oggetti o defunti. Cosa sappiamo allora sulla lingua degli Etruschi? Grazie a preziosi documenti come le tavole d’oro affisse sul tempio di Pyrgi, la sentenza incisa sul Cippo di Perugia, le celebrazioni prescritte sulla Tegola di Capua e la Tavola di Cortona, sappiamo che gli Etruschi scrivevano da destra a sinistra riprendendo i caratteri dell’alfabeto greco. Per secoli, l’etrusco fu l’equivalente dell’inglese in molte regioni d’Italia perché si sovrappose alle tante lingue locali.

1.

La fine degli Etruschi

Perché, ad un certo punto, gli Etruschi scomparvero per sempre? La civiltà etrusca finì per ragioni militari economiche e sociali che agirono su un lungo arco di tempo. Dopo aver cacciato nel 509  a.C. Tarquinio il Superbo, ultimo re di origine etrusca, Roma divenne una repubblica indipendente ed occupò a sua volta le terre dell’Etruria. Nel 396 a.C., Veio fu distrutta dai Romani e, intorno al 100 a.C., la lingua e la scrittura etrusche erano ormai completamente scomparse. Gli Etruschi non sono quindi scomparsi nel nulla, poiché nessuno li ha sterminati. La loro civiltà cambiò progressivamente lingua e cultura fondendosi con quella romana. È per questo che, oggi, molti di noi hanno ancora sangue etrusco nelle vene.

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