Capraia, Gorgona, Elba, Pianosa, Montecristo, Giglio e Giannutri: queste le sette isole dell'Arcipelago Toscano, il più grande parco marino d'Europa. Un mare bellissimo, coste selvagge, baie dolcissime, porticcioli, fondali meravigliosi ma anche montagne, natura ricca di flora e fauna, sentieri, borghi popolati da gente di mare e di terra. Nel corso dei secoli gli abitanti delle isole hanno elaborato una cucina semplice e frugale, ma non per questo meno gustosa e varia, certo influenzata da quanti sono passati in tempi ormai lontani per motivi commerciali o militari.
C’è anche da ricordare che solo due sono le isole in cui ha vissuto ed è cresciuta una comunità di residenti: la più grande, l’Elba, e il Giglio. Le altre sono state e ancora sono pochissimo abitate e alcune di loro hanno ospitato, e un paio ancora ospitano, colonie penali.
Quindi una ricognizione sui piatti più significativi della cucina dell’Arcipelago finisce per limitarsi a Capraia, per la sua particolarità e le sue tradizioni, e alle isole appena nominate; insieme comunque offrono una varietà e una ricchezza di proposte straordinarie, soprattutto in rapporto alle dimensioni dei territori e al numero degli abitanti.
A riprova di questo, ecco il gurguglione, tipico del versante orientale, di tradizione mineraria, dell’isola d’Elba: stufato di verdure simile alla ratatouille e figlio della cultura culinaria moresco-spagnola. Della stessa zona è la sburrita, zuppa di baccalà, aglio, peperoncino, nepitella e fette di pane casereccio. Di lunga e complessa preparazione è lo stoccafisso alla riese, un piatto accompagnato da acciughe sotto sale, cipolla, pomodori, basilico, prezzemolo, peperoni verdi, olive nere, pinoli, capperi. In ambito terragno, come non ricordare le innumerevoli preparazioni a base di castagne e di funghi proprie di Marciana, comune che insiste nella parte più elevata dell’isola?
Il mare regala piatti indimenticabili, come il polpo lesso, i totani, preparati ripieni, fritti o alla diavola, i gustosissimi zerri fritti e le acciughe, le sempre buone fritture di paranza, il risotto al nero di seppia, gli spaghetti con la margherita, ovvero la granseola, fino al richiestissimo cacciucco elbano, che si distingue da quello livornese perché più ricco di specie di pesce e meno di spezie e aromi. Dedicato alla palamita, pesce azzurro simile al tonno, è il primo presidio Slow Food dell’Arcipelago Toscano.
Hanno origini antiche i pani con i semi di anice preparati in occasione delle feste: il cirimito e la caccilebbora, che venivano regalati come augurio di buona sorte e di fertilità. Le imbollite sono una pietanza molto antica dell’isola d’Elba: si tratta di focaccine a base di fichi grasselli, molto comuni sull’isola.
Eccoci ai dolci. La schiaccia briaca, in origine preparata per le festività di fine anno, utilizza uvetta e i pinoli, oltre al vino e all’alchermes che ne caratterizzano il sapore e hanno dato origine al nome. Il corollo è un ciambellone lievitato; la schiacciunta è una torta cotta in forno a base di uova, farina, zucchero, strutto e scorza di limone grattugiata; la schiaccia di Pasqua o sportella, aromatizzata con anice e finocchio con l'aggiunta di frutta secca, uvetta, pinoli, fichi secchi, dolcificata anticamente con il miele, oggi con lo zucchero, richiede lunghissima lievitazione.
A proposito di pani particolari, tra i piatti della tradizione gigliese spicca il panficato, un dolce preparato con marmellata, noci, fichi, frutta, scorze di arancia, una manciata di farina o pane: si può trovare in forma di biscotti o di torte.
Il pesce in scaveccio viene servito come antipasto: pesce povero infarinato, fritto e condito con una salsa particolare, preparata con l’olio usato per la frittura a cui si aggiungono aceto caldo, uvetta, aglio schiacciato, rosmarino e sale. I filetti o ventresca di tonno conservati sott’olio, che prendono il nome di tonnina sott’olio, sono solitamente serviti insieme all’insalata di pomodori alla gigliese, preparata con pomodori, sedano e cipollotti.
Nella tradizione culinaria dell’isola del Giglio non mancano i piatti a base di carne. Da non perdere il coniglio alla cacciatora, cucinato con pomodoro, spezie della macchia mediterranea e peperoncino. Le olive sotto pesto sono preparate con olio d’oliva, aglio, sale, semi di finocchietto, peperoncino, buccia d’arancia; prima di essere mangiate, è meglio farle stare in frigorifero per qualche giorno, in un vasetto ben chiuso.
A Capraia, infine, da non perdere le frittelle, le zuppe di sammula o samula, una specie di aglio selvatico, e i mitici totani, preparati in varie maniere, ai quali è dedicata la più importante festa dell’isola nei primi giorni di novembre.