Tra i maggiori artisti dell'epoca, in una Firenze divenuta laboratorio di esperienze multidisciplinari, emergono i nomi di Brunelleschi per l'architettura (è sua la mirabile progettazione del "cupolone" di Santa Maria del Fiore), di Donatello per la scultura (di cui si ricorda il David bronzeo del Bargello) e di Masaccio per la pittura (autore, tra l'altro, degli affreschi della Cappella Brancacci al Carmine). Se questi furono i personaggi "guida", non si possono disconoscere i meriti di Leon Battista Alberti, teorico della prospettiva e maestro insuperato anche fuori dei confini di Firenze (Rimini, Roma, Mantova), del Ghiberti, di Jacopo della Quercia, del Botticelli. Di quest'ultimo possiamo ammirare la Primavera e la Nascita di Venere agli Uffizi.
Ma è nelle "botteghe" fiorentine che matura il rinnovamento rinascimentale: a quella del Beato Angelico attingeranno capacità e vigore interpretativo Benozzo Gozzoli e Filippo Lippi; in quella del Verrocchio maturerà il genio universale di Leonardo da Vinci; in quella del Ghirlandaio farà le sue prime esperienze il grande Michelangelo Buonarroti.
Se da un lato, nel XVI sec., si raggiunge l'apice delle arti plastiche e figurative, i mutati rapporti economici e politici, uniti all'attrazione esercitata dal mecenatismo dei papi, sposteranno su Roma l'interesse e la produzione dei maggiori artisti. Tuttavia a Firenze sono attivi il Vasari, lo stesso Michelangelo, Raffaello, Leonardo da Vinci e Benvenuto Cellini, tanto per citare i maggiori.
Tra i tanti progetti, che nel Rinascimento furono compiuti, è da ricordare la progettazione di Pienza, l'antica Corsignano, secondo il modello umanistico di Pio II Piccolomini, magistralmente interpretata da Bernardo Rossellino, uno dei tantissimi "minori" che contribuirono a diffondere la supremazia delle arti toscane nell'intera Europa.