È stato uno scrittore, certo, ma anche un politico. Dante Alighieri, nato a Firenze nel 1265 e morto a Ravenna nel 1321, è considerato il padre della lingua italiana.
Tra le sue opere più famose, si ricordano la Divina Commedia, uno dei maggiori capolavori della letteratura mondiale, il De Monarchia, il Convivio, Le Rime.
Per comprendere il suo lavoro è necessario conoscere le vicende della sua vita, come l’incontro e la prematura morte di Beatrice, la sventura politica dell’esilio da Firenze, l’attesa di un rinnovamento politico e sociale. Vicende della vita legate a doppio filo con alcuni luoghi di Firenze e della Toscana.
Ecco quindi un viaggio alla scoperta dei luoghi del Sommo Poeta in Toscana.
Il Museo Casa di Dante è il luogo in cui il poeta avrebbe vissuto a Firenze. Sono esposti vari oggetti legati a Dante e alla sua famiglia. Proprio di fronte al museo si trova la cosiddetta chiesa di Dante, che sarebbe stata la sua chiesa parrocchiale.
Il Battistero di San Giovanni, in piazza del Duomo a Firenze, è il luogo in cui Dante fu battezzato, e dove più tardi nella vita salvò un bambino dall'annegamento, come ci racconta nell'Inferno. I mosaici sul soffitto del Battistero devono aver sicuramente influenzato la sua visione dell'aldilà, non ultimo un demone a tre teste, che ha una strana somiglianza con Lucifero nell’Inferno.
Il museo nel Salone De’ Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze ospita la maschera mortuaria di Dante, che ci aiuta molto a capire come fosse il poeta.
Possiamo immaginarci ancor meglio Dante grazie alla statua realizzata nel 1865 da Enrico Pazzi e situata all'esterno della Basilica di Santa Croce a Firenze. All'interno della chiesa, si trova una tomba vuota dedicata al poeta, come nella speranza che Ravenna un giorno restituisca le sue spoglie alla città fiorentina.
L'Abbazia di San Godenzo si trova lungo la Via di Dante che dalla Toscana entra in Romagna. Si pensa che Dante si sia rifugiato qui nel suo cammino di esilio. Si può godere della bellissima architettura romanica di un'abbazia che presenta una notevole somiglianza con la chiesa di San Miniato al Monte, che si affaccia su Firenze.
Il Casentino, la valle di confine tra Toscana e Romagna, è ricca di storia "dantesca". Fu teatro di una battaglia tra Firenze e Arezzo, avvenuta l'11 giugno 1289 e nella quale si crede che Dante abbia combattuto nella cavalleria fiorentina. Da visitare anche il Castello di Poppi, dove Dante soggiornò nel 1311 come segretario della moglie del Conte Guido da Montefeltro.
Il Castello di Romena è un altro sito di interesse del Casentino. Gli unici resti sono un ponte levatoio, la torre dei prigionieri e i camminamenti militari, ma è affascinante vedere questo paesaggio che tanto ha ispirato il poeta.
Sasso Pisano e Monterotondo si trovano in quella che viene definita Valle del Diavolo, caratterizzata da fumarole e geyser. Non ci sono fonti sicure, ma non è da escludere che un paesaggio così “inquietante” possa aver aiutato l’immaginazione del poeta per descrivere l’Inferno. Ad ogni modo Dante parla di fenomeni naturali geotermici nelle Rime, probabilmente ispirandosi a Lagoni di Castelnuovo e Montecerboli.
Il borgo di Monteroni d’Arbia è legato ad uno dei personaggi più famosi della Divina Commedia, una nobildonna di nome Pia de’ Tolomei. Dante la incontra tra i "morti per forza" e "peccatori fino all'ultima ora", che attendono nel secondo balzo dell'Antipurgatorio. In soli sette versi regala al lettore una squisita dolcezza dicendo “Siena mi fè, disfecemi Maremma” (Siena mi ha fatto, Maremma mi ha disfatto): una straziante allusione al suo assassinio per mano del marito.
Tresana ospita il Castello di Giovagallo, che fu la residenza di Moroello Malaspina. Moroello ospitò Dante in esilio nel 1306, probabilmente proprio in questo castello, e la tradizione lo considera il dedicatario del Purgatorio, seconda cantica della Divina Commedia.
La cittadina di Capolona è nominata nel Purgatorio come il luogo dove il fiume Arno “storce il naso” ad Arezzo, virando verso ovest per evitare i “botoli ringhiosi” che vi abitano.
Ma fu’ io solo, là dove sofferto
fu per ciascun di tòrre via Fiorenza,
colui che la difesi a viso aperto".
Con queste parole, nel Canto X dell'Inferno di Dante, Farinata degli Uberti riassume il ruolo fondamentale ch'egli ebbe nel famoso Concilio di Empoli in cui, all'indomani della battaglia di Montaperti del 1261, si decisero le sorti di Firenze. A Empoli e, più precisamente nel Palazzo Ghibellino che tuttora si affaccia sulla centralissima piazza intitolata proprio a Farinata degli Uberti, il leader dei ghibellini fiorentini si oppose con forza alla distruzione di Firenze, proposta dai ghibellini senesi e pisani per risolvere una volta per tutte le controversie con la città gigliata.