Bartolomeo della Gatta, pseudonimo di Pietro di Antonio Dei (Firenze, 1448 – Arezzo, 1502), è stato un pittore, miniatore, religioso, e architetto italiano.
Figlio di un orafo, venne iscritto dal padre alla Corporazione dei maestri orafi fiorentini alla sola età di cinque anni. Più tardi frequenterà la bottega del Verrocchio dove farà conoscenza con i più grandi artisti dell'epoca, fra i quali Botticelli, Ghirlandaio, Leonardo da Vinci, Lorenzo di Credi, Perugino e Luca Signorelli.
Verso il 1468 Bartolomeo decise di prendere i voti sacri, probabilmente all'interno della comunità monastica camaldolese di Arezzo, dove in seguito divenne abate dell'abbazia di San Clemente.
Mentre lavorava ad Arezzo e a Urbino, Bartolomeo della Gatta molto probabilmente frequentò altri grandi artisti del calibro di Piero della Francesca e Donato Bramante.
Bartolomeo della Gatta fu attivo in particolar modo nella Toscana dell'est, ad Arezzo e in altre località del territorio aretino come Sansepolcro, Cortona, Castiglion Fiorentino e Marciano della Chiana; altre opere si trovano a Roma (affreschi nella Cappella Sistina) e a Urbino.
Il dipinto a tempera e olio proviene dall'antica Pieve di San Giuliano, è datato 1480 ed è conservato all'interno della Pinacoteca Comunale. Mostra l'Arcangelo Michele, patrono di Castiglion Fiorentino, in trionfo sul drago (simbolo del Male) appena sconfitto; accanto al Santo vediamo una giovane donna con in braccio un neonato: è Teodora, figlia di Lorenza Guiducci (che commissionò l’opera) e Paolino Visconti, che faceva parte delle truppe milanesi che si trovavano a Castiglion Fiorentino durante la guerra contro Firenze. L'opera rispecchia l'abilità di disegnatore e la freschezza cromatica tipiche di Bartolomeo della Gatta.
La tavola fu dipinta da Bartolomeo della Gatta nel 1486 ed è esposta nella Collegiata di Castiglion Fiorentino. Al centro della raffigurazione vediamo la Madonna in trono con il Bambino sulle ginocchia; ai lati, i Santi Pietro e Paolo. In primo piano riconosciamo a sinistra san Giuliano e a destra san Michele, patrono di Castiglion Fiorentino, nell'atto di trafiggere con una lancia il drago simbolo del Male. Originariamente il dipinto era corredato da quattro tavole che narravano la vita di San Giuliano, due delle quali furono rubate nei primi anni del '900 e mai più ritrovate; le rimanenti sono invece esposte nel Museo della Pieve, accanto alla Chiesa della Collegiata.
L'opera, proveniente dalla Chiesa di San Francesco, fu dipinta nel 1487 e si trova oggi nella sala del Coro delle Monache della Pinacoteca di Castiglion Fiorentino.
La scena è ambientata in un paesaggio montano, in cui è evidente il richiamo al Monte della Verna, luogo dove si svolse il miracolo: al centro vediamo San Francesco nell'atto di ricevere le stigmate, accanto a lui frate Leone incredulo di ciò che sta accadendo. Nello sfondo il paesaggio, la vegetazione e gli animali sono illuminati da una luce miracolosa. L'opera è la più importante di Bartolomeo della Gatta: è una sintesi di culture differenti che unisce il naturalismo fiorentino, il volumismo di Piero della Francesca e l'attenzione per i particolari tipica dei fiamminghi.