Camminando per il piccolo paese di Vetulonia è inevitabile che lo sguardo si perda nel panorama della pianura castiglionese e grossetana; un paesaggio dal fascino eterno ma che non dimentica le sue antiche origini. Di tale passato rimane oggi la Diaccia Botrona, simbolo e testimonianza del profondo legame tra la città di Vetulonia e il mare. Essa è infatti situata nel luogo in cui, al tempo degli etruschi, vi era il Lago Prile. L’immagine di Vetulonia come città marinara ci viene confermato dai simboli marini delle sue monete, presenti sui sestanti e sulle once, che raffiguravano tridenti, ancore e delfini e dalle personificazioni delle città etrusche giunte fino a noi nelle quali Vetulonia (Vetulonenses) viene rappresentata come un uomo nudo, appoggiato a un pino e con un remo sulla spalla.
Guest post della 4°M dell'Indirizzo Turistico V. Fossombroni.
Vetulonia, quindi, era una città di mare, una grande ed importante città di mare: aveva il suo porto, le sue monete, aveva scambi commerciali con tante città del vicino Oriente e della Grecia. I metalli provenienti dal Lago dell’Accesa e dalle colline metallifere dopo essere stati abilmente lavorati dagli artigiani locali arrivavano lontano. Ma non solo metalli locali, a Vetulonia veniva lavorata anche l’ambra, una resina fossile che i commercianti portavano dai paesi nordici e soprattutto l’oro. L’abilità di maestri orafi e dei bronzisti vetuloniesi era strabiliante, pensiamo alle lamine d’oro lavorate a sbalzo con novizia di particolari, ai gioielli decorati con la tecnica del pulviscolo (piccolissime sfere d’oro applicate su qualsiasi tipo di superficie, anche curva) con cui disegnavano figure animali, vegetali o umane. Pensiamo alle splendide bardature da cavallo in bronzo, agli scudi, agli schinieri e gli elmi dei soldati, agli immensi lebeti, in genere usati per cucinare, ma questi, bellissimi, grandissimi servivano per simboleggiare la grandezza del proprietario, soprattutto nel rito funebre. Vetulonia non era un piccolo paese sperso nella macchia mediterranea, era una città importante, una metropoli con una classe sociale alta fatta di principi e importanti condottieri, tutti i reperti ritrovando nelle “stranissime” tombe a circolo raccontano questo. Una città tanto importante sparita, in epoca medioevale, nel nulla – tanto che c’è voluta la caparbia tenacia di un medico condotto appassionato di archeologia come Isidoro Falchi, per ritrovare, nel corso di una ormai mitica “disagevole gita”, i resti dell’antica città etrusca e a ridarle il suo nome.
La grandezza di Vetulonia l’abbiamo scoperta soprattutto attraverso i ritrovamenti delle sue tombe. Gli etruschi di Vetulonia avevano costruito le loro necropoli nei luoghi e nei versanti più belli della collina. Tombe che raccontano l’antichissima storia della città: i pozzetti villanoviani di Poggio alla Guardia con le urne cinerarie biconiche e a capanna, nel versante che guarda Montepescali i circoli continui di pietre bianche, invisibili a un occhio profano, ma che contenevano i corredi più ricchi come la Tomba del Duce con il famoso fascio littorio, l’urna cineraria d’argento, i grandi lebeti di bronzo nord-siriaci, le grandi tholos, che se pur depredate in antichità, ci hanno restituito testimonianze importanti come la Tomba della Pietrera con le prime sculture a tutto tondo, la Tomba del Diavolino e della fibula d’oro, con gioielli lavorati a pulviscolo per arrivare fino alle tombe di Poggio Pelliccia, vicino alla stazione ferroviaria di Giuncarico, ricca di buccheri e ceramiche italo-corinzie tra cui i famosi frammenti di uovo di struzzo istoriato.
La scoperta di Vetulonia continua ancora, negli ultimi anni si è concentrata sulla città antica, il quartiere ellenistico di Poggiarello Renzetti che si trova poco prima di entrare in paese. Caratterizzato da strade, una principale il decumano (l’antica strada che portava al paese) e altre laterali, botteghe e domus, cioè le case dei commercianti. Tra queste abitazioni gli scavi moderni avevano portato alla luce prima la domus di Medea con i fregi raffiguranti il mito di Giasone e Medea conservati presso il Museo Isidoro Falchi, poi, nel 2009 la domus denominata dei Dolia per i grandi orci (dolia) rinvenuti negli ambienti, ancora in piedi insieme ad anfore vinarie e olearie. Una domus di grandi dimensioni, di almeno otto vani. Questi nuovi scavi eseguiti grazie al Comune di Castiglione della Pescaia, a un gruppo di volontari e soprattutto alla lungimiranza dell’attuale direttrice del Museo di Vetulonia, sono la testimonianza di quanto questo paese sia ancora vivo e capace di arricchirsi e aggiornarsi in continuazione per offrire ai turisti conoscenze ed emozioni sempre nuove: risvegliando e attivando tutti i sensi (il museo è tra i primi in Italia per essere fruibile dai ciechi e ipovedenti), il visitatore riesce a entrare nel magico mondo degli etruschi, immaginando gli stili di vita, il culto della morte, il lavoro, l’arte e la memoria dei nostri importanti avi.