Un viaggio in Toscana alla scoperta dei sentieri della terra
Spiagge contornate da pinete sempreverdi, boschi di macchia mediterranea che si alternano a pascoli, vigneti e oliveti. Più in alto, sommità aspre e rocciose dai tratti montuosi: sono le Colline Metallifere, uno spicchio di Toscana che, racchiusa fra le provincie di Livorno, Pisa, Siena e Grosseto, si configura, pur nella sua limitata estensione, come un luogo dalle infinite sfumature paesaggistiche e dal ricco patrimonio culturale.
Queste colline offrono un vivido spaccato dell'intenso sfruttamento di giacimenti metalliferi che, nel corso dei secoli, ha qui avuto luogo. Dai tempi degli insediamenti etruschi fino allo scorso secolo, l'attività economica di questi territori è sempre stata votata all'estrazione di metalli, come rame, ferro e argento, risorse di cui il sottosuolo dell'area è particolarmente ricco. Tale storia mineraria può essere tuttora letta attraverso le evidenti testimonianze archeologiche che le civiltà etrusco-romane prima e medievali poi, hanno lasciato nelle varie epoche. Miniere, forni siderurgici e antiche ferriere sono disseminati nei pressi della costa, mentre pittoreschi borghi medievali ornano cime e pendici di queste colline.
Il placido scenario si interrompe solo in prossimità dei suggestivi campi di manifestazione geotermica che si estendono fra Larderello e Monterotondo Marittimo, a cavallo fra la provincia di Pisa e Grosseto. Qui la vegetazione cede il passo a putizze, soffioni boraciferi e fumarole, esalazioni di vapore acqueo e gas che fuoriescono dalle numerose fessure del suolo. I crateri fumosi e le cavità di fango bollente che segnano questo territorio brullo e selvaggio conferiscono al paesaggio un aspetto quasi infernale, al punto tale da aver spinto alcuni storici ad attribuire a questo luogo l'ispirazione di un passo della prima cantica della Divina Commedia. La nostra proposta di viaggio prevede l'utilizzo dell'auto per raggiungere il punto di partenza di ogni escursione giornaliera.
Il nostro viaggio ha inizio al confine sudoccidentale della provincia di Pisa, nella Riserva del Berignone, fra i comuni di Volterra e Pomarance. Quest'area protetta, un tempo deposito di legname combustibile per le saline di Volterra, si configura come una barriera di lecci, aceri e querce estesa senza soluzione di continuità per circa 2000 ettari. Per questa particolare conformazione, questi territori offrirono a lungo riparo ai primi gruppi partigiani, che qui si nascondevano aiutati da boscaioli, carbonai e contadini. Sul confine meridionale della riserva, la fitta vegetazione del Berignone fa da cornice alle piscine naturali che il fiume Cecina crea insinuandosi fra le rocce: un sentiero ci condurrà attraverso il bosco proprio fino a uno di questi specchi d'acqua, il Masso delle Fanciulle, un tratto balneabile del fiume dove in passato, secondo alcuni, giovani donne solevano concedersi lunghi bagni, lontane da sguardi indiscreti.
Lasciata l'auto all'ingresso della riserva, oltrepassiamo la sbarra d'ingresso e proseguiamo fino a giungere all'area attrezzata del podere del Capannone, in passato spaccio per i pochi abitanti del luogo che qui acquistavano il necessario per la vita nei boschi. Incamminiamoci lungo la sterrata 4B e attraversiamo il torrente Sellate. Svoltando a destra seguiamo il sentiero in salita, e imbocchiamo la seconda stradina che incontreremo sulla destra. Seguiamo questo tratto sassoso fino alle rovine del podere Casinieri, vecchio riferimento dei gruppi partigiani che operavano in questi luoghi, e proseguiamo fino al punto panoramico che si affaccia sulla valle del Cecina e su quella del torrente Pavone. Ritorniamo sul sentiero e continuiamo a scendere fino ad arrivare nei pressi del Masso delle Fanciulle. Riprendiamo a questo punto il tratto precedentemente percorso fino a una deviazione. Lungo un sentiero lievemente accidentato, proseguiremo da qui a sinistra per i successivi tre incroci, fino a giungere nuovamente all'area attrezzata.
Il nostro viaggio ha inizio al confine sudoccidentale della provincia di Pisa, nella Riserva del Berignone, fra i comuni di Volterra e Pomarance. Quest'area protetta, un tempo deposito di legname combustibile per le saline di Volterra, si configura come una barriera di lecci, aceri e querce estesa senza soluzione di continuità per circa 2000 ettari. Per questa particolare conformazione, questi territori offrirono a lungo riparo ai primi gruppi partigiani, che qui si nascondevano aiutati da boscaioli, carbonai e contadini. Sul confine meridionale della riserva, la fitta vegetazione del Berignone fa da cornice alle piscine naturali che il fiume Cecina crea insinuandosi fra le rocce: un sentiero ci condurrà attraverso il bosco proprio fino a uno di questi specchi d'acqua, il Masso delle Fanciulle, un tratto balneabile del fiume dove in passato, secondo alcuni, giovani donne solevano concedersi lunghi bagni, lontane da sguardi indiscreti.
Lasciata l'auto all'ingresso della riserva, oltrepassiamo la sbarra d'ingresso e proseguiamo fino a giungere all'area attrezzata del podere del Capannone, in passato spaccio per i pochi abitanti del luogo che qui acquistavano il necessario per la vita nei boschi. Incamminiamoci lungo la sterrata 4B e attraversiamo il torrente Sellate. Svoltando a destra seguiamo il sentiero in salita, e imbocchiamo la seconda stradina che incontreremo sulla destra. Seguiamo questo tratto sassoso fino alle rovine del podere Casinieri, vecchio riferimento dei gruppi partigiani che operavano in questi luoghi, e proseguiamo fino al punto panoramico che si affaccia sulla valle del Cecina e su quella del torrente Pavone. Ritorniamo sul sentiero e continuiamo a scendere fino ad arrivare nei pressi del Masso delle Fanciulle. Riprendiamo a questo punto il tratto precedentemente percorso fino a una deviazione. Lungo un sentiero lievemente accidentato, proseguiremo da qui a sinistra per i successivi tre incroci, fino a giungere nuovamente all'area attrezzata.
Il nostro viaggio prosegue in un sito di grande importanza naturalistica e storica, la riserva naturale di Caselli Monterufoli, situata fra la costa e le colline nel sud della provincia pisana. Il paesaggio di questa area di circa 5000 ettari è quasi interamente dominato da un'intricata boscaglia, ingentilita solo a tratti da fioriture, garighe e limpidi corsi d'acqua. In questa fitta vegetazione, dove non di rado è possibile avvistare daini, caprioli e cinghiali, si celano i resti del passato minerario di Monterufoli. La zona, da sempre nota per la presenza di filoni minerari di rame e lignite, consente, infatti, di osservare i ruderi di vecchi edifici legati all'attività estrattiva.
Il tragitto inizia presso il Podere Cerbaiola a circa tre chilometri dal borgo di Libbiano. Oltrepassiamo una catena di delimitazione per avviarci lungo una stradina sulla sinistra e imbocchiamo il sentiero nr 9 della sentieristica dell'Unione Montana. Osservando vecchi ruderi di edifici e caratteristici muretti in pietra nascosti dal verde, proseguiamo lungo questo tratto, talvolta in forte pendenza, fino a che il sentiero non ci condurrà, aggirando un tratto franoso, in uno spazio quasi scoperto dalla vegetazione. Torniamo di nuovo nel bosco e seguiamo il sentiero fino alla sponda sinistra del torrente Trossa. Costeggiando il fiume, risaliamo qui il sentiero fino a un incrocio in cui ci terremo sulla destra, proseguendo in un continuo saliscendi. Continuando in quota, proseguiamo in costante salita sul tracciato sassoso, circondati dalle rovine del vecchio complesso minerario che spuntano fra la vegetazione. Lasciato il sentiero per seguire brevemente una cessa tagliafuoco, imbocchiamo una stradina sulla sinistra fino ad arrivare nuovamente al punto di partenza.
Il nostro viaggio prosegue in un sito di grande importanza naturalistica e storica, la riserva naturale di Caselli Monterufoli, situata fra la costa e le colline nel sud della provincia pisana. Il paesaggio di questa area di circa 5000 ettari è quasi interamente dominato da un'intricata boscaglia, ingentilita solo a tratti da fioriture, garighe e limpidi corsi d'acqua. In questa fitta vegetazione, dove non di rado è possibile avvistare daini, caprioli e cinghiali, si celano i resti del passato minerario di Monterufoli. La zona, da sempre nota per la presenza di filoni minerari di rame e lignite, consente, infatti, di osservare i ruderi di vecchi edifici legati all'attività estrattiva.
Il tragitto inizia presso il Podere Cerbaiola a circa tre chilometri dal borgo di Libbiano. Oltrepassiamo una catena di delimitazione per avviarci lungo una stradina sulla sinistra e imbocchiamo il sentiero nr 9 della sentieristica dell'Unione Montana. Osservando vecchi ruderi di edifici e caratteristici muretti in pietra nascosti dal verde, proseguiamo lungo questo tratto, talvolta in forte pendenza, fino a che il sentiero non ci condurrà, aggirando un tratto franoso, in uno spazio quasi scoperto dalla vegetazione. Torniamo di nuovo nel bosco e seguiamo il sentiero fino alla sponda sinistra del torrente Trossa. Costeggiando il fiume, risaliamo qui il sentiero fino a un incrocio in cui ci terremo sulla destra, proseguendo in un continuo saliscendi. Continuando in quota, proseguiamo in costante salita sul tracciato sassoso, circondati dalle rovine del vecchio complesso minerario che spuntano fra la vegetazione. Lasciato il sentiero per seguire brevemente una cessa tagliafuoco, imbocchiamo una stradina sulla sinistra fino ad arrivare nuovamente al punto di partenza.
Pennacchi di vapore che escono dalle fenditure delle pietre, odore di zolfo e curiose pozze sulfuree: la terza tappa di questo viaggio è dedicata ai fenomeni geotermici dell'area orientale delle Colline Metallifere. Un sentiero attrezzato e dotato di pannelli esplicativi ci condurrà da Sasso Pisano fino al parco delle Biancane di Monterotondo Marittimo. Qui i paesaggi tipici della natura maremmana lasciano spazio alle fumarole, agli stagni naturali e alle caratteristiche biancane, rocce dal colore bianco brillante alterate dai fluidi geotermici, in un terreno che assume tonalità dal viola al rosso intenso, al giallo ocra.
Lasciata l’auto poco prima del paese, ci incamminiamo lungo la via principale del borgo di Sasso Pisano, superandolo e avviandoci lungo una stradina sterrata segnalata con dei segnavia biancorossi. In costante salita, giungiamo sull'altro versante della collina attraverso un bosco. Dopo aver oltrepassato una cava abbandonata, manteniamo la destra ai due innesti che incontreremo, e proseguiamo camminando lungo una piccola depressione, detta Buca del Papa. Seguiamo il sentiero fino a una radura nel valico che separa i due borghi, dove potremo osservare una prima fumarola. Andando poco a sinistra, prendiamo il sentiero principale che ci guiderà fino a Monterotondo, nel Parco delle Biancane. Qui un percorso ad anello ci darà modo di osservare il continuo ribollire dei gas endogeni e di godere del panorama delle Cornate e dei morbidi crinali che si susseguono fino al Mar Tirreno. Concluso il giro, ripercorriamo il tracciato fino al valico e avviamoci lungo il sentiero principale per Sasso Pisano. Fra fumarole e biancane più piccole, il tracciato, fatto di ripidi e brevi saliscendi, costeggerà un laghetto naturale fino a condurci a un nuovo bivio. Deviamo dunque a sinistra e, giunti in prossimità di un dosso circondato da piccole sorgenti, giriamo a destra, proseguendo verso nord, per arrivare nuovamente alla strada che attraversa il borgo di Sasso Pisano.
Pennacchi di vapore che escono dalle fenditure delle pietre, odore di zolfo e curiose pozze sulfuree: la terza tappa di questo viaggio è dedicata ai fenomeni geotermici dell'area orientale delle Colline Metallifere. Un sentiero attrezzato e dotato di pannelli esplicativi ci condurrà da Sasso Pisano fino al parco delle Biancane di Monterotondo Marittimo. Qui i paesaggi tipici della natura maremmana lasciano spazio alle fumarole, agli stagni naturali e alle caratteristiche biancane, rocce dal colore bianco brillante alterate dai fluidi geotermici, in un terreno che assume tonalità dal viola al rosso intenso, al giallo ocra.
Lasciata l’auto poco prima del paese, ci incamminiamo lungo la via principale del borgo di Sasso Pisano, superandolo e avviandoci lungo una stradina sterrata segnalata con dei segnavia biancorossi. In costante salita, giungiamo sull'altro versante della collina attraverso un bosco. Dopo aver oltrepassato una cava abbandonata, manteniamo la destra ai due innesti che incontreremo, e proseguiamo camminando lungo una piccola depressione, detta Buca del Papa. Seguiamo il sentiero fino a una radura nel valico che separa i due borghi, dove potremo osservare una prima fumarola. Andando poco a sinistra, prendiamo il sentiero principale che ci guiderà fino a Monterotondo, nel Parco delle Biancane. Qui un percorso ad anello ci darà modo di osservare il continuo ribollire dei gas endogeni e di godere del panorama delle Cornate e dei morbidi crinali che si susseguono fino al Mar Tirreno. Concluso il giro, ripercorriamo il tracciato fino al valico e avviamoci lungo il sentiero principale per Sasso Pisano. Fra fumarole e biancane più piccole, il tracciato, fatto di ripidi e brevi saliscendi, costeggerà un laghetto naturale fino a condurci a un nuovo bivio. Deviamo dunque a sinistra e, giunti in prossimità di un dosso circondato da piccole sorgenti, giriamo a destra, proseguendo verso nord, per arrivare nuovamente alla strada che attraversa il borgo di Sasso Pisano.
Il nostro viaggio prosegue al confine fra le province di Siena e Grosseto, su per le Cornate di Gerfalco, dove la natura si svela in tutto il suo fascino. Con i suoi 1.060 metri, questo massiccio calcareo domina gran parte della Toscana centrale, dando la possibilità di scorgere la città di Siena e il Monte Amiata. Sul lato opposto, il paesaggio del mar Tirreno dove, in giornate limpide, sarà facile distinguere le isole dell'Arcipelago e la Corsica. Situato al centro della Riserva Naturale Cornate Fusini, questo rilievo montuoso costituisce un vero e proprio paradiso ambientale, in cui piccoli arbusti, praterie e foreste di cerri, castagni e lecci sfidano le pareti rocciose, ricoprendole parzialmente.
Il punto partenza del nostro percorso è Gerfalco, l'antico borgo di minatori alle pendici del monte. In prossimità della Colonia Montana Santa Maria, un evidente cartello di segnalazione ci condurrà su un tracciato pietroso lungo il crinale esposto a sud-est. Proseguiamo da qui in leggera salita per circa tre chilometri, osservando i boschi di lecci e la tipica flora delle Cornate, fino a giungere quasi in prossimità della cima. Attraversiamo boschetti di conifere per raggiungere uno dei punti più alti, dove avremo modo di incontrare uno dei primi Cairn, curiosi coni di pietra impilati a secco, ampiamente sparpagliati sulle Cornate. Cominciamo a questo punto la ripida discesa lungo il versante ovest per arrivare, dopo poco più di un chilometro, alla Cava di rosso ammonitico, il marmo rosso utilizzato per gli abbellimenti del Duomo di Siena. Proseguiamo la discesa lungo il tracciato, che da qui si fa meno impervio, ignorando l'incrocio con il sentiero nr 11, detto Viottolo dei Selciani. Giunti a Campo delle Rose, nei pressi della Cava di Romano, una vecchia cava di calcare massiccio, ci incammineremo per un tratto pianeggiante lungo la strada di ghiaia bianca. Questa, ci farà passare nei pressi della graziosa Cappella dell'Avveduta. Superato l'edificio, imbocchiamo, dopo circa 300 metri, una stradina sulla sinistra che ci condurrà nuovamente sul sentiero che abbiamo percorso in precedenza dal borgo. Giunti all'incrocio, svoltiamo a destra e proseguiamo lungo il viottolo per ritornare al punto di partenza.
Il nostro viaggio prosegue al confine fra le province di Siena e Grosseto, su per le Cornate di Gerfalco, dove la natura si svela in tutto il suo fascino. Con i suoi 1.060 metri, questo massiccio calcareo domina gran parte della Toscana centrale, dando la possibilità di scorgere la città di Siena e il Monte Amiata. Sul lato opposto, il paesaggio del mar Tirreno dove, in giornate limpide, sarà facile distinguere le isole dell'Arcipelago e la Corsica. Situato al centro della Riserva Naturale Cornate Fusini, questo rilievo montuoso costituisce un vero e proprio paradiso ambientale, in cui piccoli arbusti, praterie e foreste di cerri, castagni e lecci sfidano le pareti rocciose, ricoprendole parzialmente.
Il punto partenza del nostro percorso è Gerfalco, l'antico borgo di minatori alle pendici del monte. In prossimità della Colonia Montana Santa Maria, un evidente cartello di segnalazione ci condurrà su un tracciato pietroso lungo il crinale esposto a sud-est. Proseguiamo da qui in leggera salita per circa tre chilometri, osservando i boschi di lecci e la tipica flora delle Cornate, fino a giungere quasi in prossimità della cima. Attraversiamo boschetti di conifere per raggiungere uno dei punti più alti, dove avremo modo di incontrare uno dei primi Cairn, curiosi coni di pietra impilati a secco, ampiamente sparpagliati sulle Cornate. Cominciamo a questo punto la ripida discesa lungo il versante ovest per arrivare, dopo poco più di un chilometro, alla Cava di rosso ammonitico, il marmo rosso utilizzato per gli abbellimenti del Duomo di Siena. Proseguiamo la discesa lungo il tracciato, che da qui si fa meno impervio, ignorando l'incrocio con il sentiero nr 11, detto Viottolo dei Selciani. Giunti a Campo delle Rose, nei pressi della Cava di Romano, una vecchia cava di calcare massiccio, ci incammineremo per un tratto pianeggiante lungo la strada di ghiaia bianca. Questa, ci farà passare nei pressi della graziosa Cappella dell'Avveduta. Superato l'edificio, imbocchiamo, dopo circa 300 metri, una stradina sulla sinistra che ci condurrà nuovamente sul sentiero che abbiamo percorso in precedenza dal borgo. Giunti all'incrocio, svoltiamo a destra e proseguiamo lungo il viottolo per ritornare al punto di partenza.
Per concludere il nostro viaggio ci spostiamo nella valle del torrente Farma, area protetta fra Monticiano e Roccastrada, al confine fra le province di Siena e Grosseto. Le particolari condizioni di umidità e del clima della valle, esposta nei due versanti a sud a nord, hanno qui contribuito a creare un paesaggio assai variegato: i pioppi e i salici che incorniciano il fiume si succedono a essenze tipiche della macchia mediterranea e a boschi di castagne e querce. La fitta vegetazione si dirada solo sulle sponde del Farma, dove i banchi di roccia modellati dalla corrente che occupano l'alveo del fiume, danno origine ai cosiddetti Canaloni, un incantevole susseguirsi di cascatelle e vasche naturali. Sebbene la località sia attualmente poco antropizzata, in epoca medievale ospitava edifici per la lavorazione del ferro: ruderi di mulini e ferriere, che sfruttavano la corrente per la produzione di energia, sono tuttora visibili lungo gli argini del torrente.
Il nostro percorso inizia con una sterrata di fronte al cimitero del borgo di Scalvaia, contrassegnata come sentiero nr 6. Giunti a un primo bivio, si prosegue sulla sinistra fino ai campi di San Biagio. Da qui si continua, in una successione di piccole salite e discese, fino al Poderone. Proseguendo sulla strada principale, si oltrepassa lo slargo di Croce a Consoli fino a un bivio, segnalato con un cartello “Ferriera”. Si imbocca la strada a destra aggirando un cancello a catena, e si raggiunge, dopo una serie di tornanti, un'antica ferriera sull'argine del Farma, nei pressi di un piccolo cordone di sabbia. Da qui il sentiero prosegue lungo la sinistra orografica del fiume, allontanandosi talvolta dalle sue sponde, fino a una deviazione a sinistra che, segnalata con doppio segno biancorosso, conduce ai Canaloni. Imbocchiamo nuovamente il sentiero originario e proseguiamo su una strada sterrata: dopo circa un chilometro, prendiamo a destra un sentiero molto nascosto, segnalato da un ometto. Si continua sul sentiero in salita dentro un bosco, fino a giungere nei pressi di una piccola radura. Qui il sentiero taglia in due un castagneto per ricondurre, infine, sul lato destro della chiesa di San Biagio.
Per concludere il nostro viaggio ci spostiamo nella valle del torrente Farma, area protetta fra Monticiano e Roccastrada, al confine fra le province di Siena e Grosseto. Le particolari condizioni di umidità e del clima della valle, esposta nei due versanti a sud a nord, hanno qui contribuito a creare un paesaggio assai variegato: i pioppi e i salici che incorniciano il fiume si succedono a essenze tipiche della macchia mediterranea e a boschi di castagne e querce. La fitta vegetazione si dirada solo sulle sponde del Farma, dove i banchi di roccia modellati dalla corrente che occupano l'alveo del fiume, danno origine ai cosiddetti Canaloni, un incantevole susseguirsi di cascatelle e vasche naturali. Sebbene la località sia attualmente poco antropizzata, in epoca medievale ospitava edifici per la lavorazione del ferro: ruderi di mulini e ferriere, che sfruttavano la corrente per la produzione di energia, sono tuttora visibili lungo gli argini del torrente.
Il nostro percorso inizia con una sterrata di fronte al cimitero del borgo di Scalvaia, contrassegnata come sentiero nr 6. Giunti a un primo bivio, si prosegue sulla sinistra fino ai campi di San Biagio. Da qui si continua, in una successione di piccole salite e discese, fino al Poderone. Proseguendo sulla strada principale, si oltrepassa lo slargo di Croce a Consoli fino a un bivio, segnalato con un cartello “Ferriera”. Si imbocca la strada a destra aggirando un cancello a catena, e si raggiunge, dopo una serie di tornanti, un'antica ferriera sull'argine del Farma, nei pressi di un piccolo cordone di sabbia. Da qui il sentiero prosegue lungo la sinistra orografica del fiume, allontanandosi talvolta dalle sue sponde, fino a una deviazione a sinistra che, segnalata con doppio segno biancorosso, conduce ai Canaloni. Imbocchiamo nuovamente il sentiero originario e proseguiamo su una strada sterrata: dopo circa un chilometro, prendiamo a destra un sentiero molto nascosto, segnalato da un ometto. Si continua sul sentiero in salita dentro un bosco, fino a giungere nei pressi di una piccola radura. Qui il sentiero taglia in due un castagneto per ricondurre, infine, sul lato destro della chiesa di San Biagio.