Le due città, ricche di suggestioni storiche e monumentali, offrono prodotti e cucine che meritano di essere conosciuti
Firenze è davvero vicina, ma Prato e Pistoia, così facilmente raggiungibili e sulla stessa direttrice che porta dal capoluogo toscano alla Versilia, hanno saputo nel corso dei secoli e sanno ancora oggi mantenere una specificità ricca di tante sfaccettature, che le rende degne di una grande attenzione e di una visita non frettolosa.
Dedichiamo così due giorni al nostro itinerario: il primo trascorriamolo a Prato, centro importantissimo dell’industria tessile, ma anche città carica di storia e di tradizione, ben visibili nelle testimonianze architettoniche e monumentali del centro storico. A cominciare dalla Basilica di Santo Stefano, duomo della città nell’omonima piazza. Da qui possiamo percorrere via Mazzoni, arrivare in piazza del Comune, dominata dal Palazzo Pretorio e arricchita dalla Fontana del Bacchino; e in via Ricasoli dove ha sede il biscottificio di Antonio Mattei, il più antico della città: qui si assaggiano i famosi cantucci o biscottini di Prato, sia nella versione classica alle mandorle che nelle varie varianti, e altre dolcezze.
Prato è anche la città di due grandi maestri pasticcieri, Paolo Sacchetti e Luca Mannori; nei loro laboratori e nelle loro botteghe preparano e vendono, accanto ai dolci più tipici della tradizione locale, come le pesche, creazioni nuove e fantasiose, veri gioielli golosi. Il tour nel centro può concludersi al Castello dell’Imperatore in piazza delle Carceri, un’imponente fortezza; spostandosi poco lontano merita senz’altro attenzione il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, vero crocevia di esposizioni estemporanee e altre iniziative per la conoscenza delle espressività dei nostri tempi.
Prato è anche capoluogo di un distretto enogastronomico ricco di eccellenze, a cominciare dalla mortadella, prodotto a marchio IGP da febbraio 2016 e presidio Slow Food fin dal 2000. L’origine di questo particolare salume ottenuto con speciali tagli di carni suine, sale, aglio con l’aggiunta di alkermes è piuttosto antica. Le spezie utilizzate (cannella, coriandolo, noce moscata, chiodi di garofano) e le tecniche di lavorazione fanno pensare a un prodotto di stampo medievale.
Il pane, chiamato bozza, tipico della tradizione contadina, è ormai un elemento di identità culinaria del territorio; è senza sale come da tradizione toscana, leggermente acido e si presta ad accompagnare qualunque tipo di pietanza.
Nella vicina Carmignano si produceva vino fin dall’epoca etrusca e romana; nel 1716 la sua area di produzione fu individuata dal granduca Cosimo III de’ Medici come una delle quattro zone a vocazione vitivinicola della Toscana. Oggi nelle colline che salgono dalla pianura cittadina verso il Montalbano vengono prodotti vini eleganti tutelati da doc e docg.
La ricetta più specifica della cucina pratese è quella dei sedani ripieni: le costole dell’ortaggio, precedentemente scottate, vengono riempite con un impasto di carne, mortadella, parmigiano, aglio, prezzemolo, uova, sale, pepe e noce moscata; infarinate, passate nell’uovo, fritte e infine messe a sobbollire in un ragù di carne. Si preparano ancora in molte case e a volte in qualcuno dei ristoranti e delle trattorie più tipici, come Soldano e Su Santa Trinita nel centro cittadino; o Su pe’ i canto nella piazzetta di Carmignano.
Dedichiamo così due giorni al nostro itinerario: il primo trascorriamolo a Prato, centro importantissimo dell’industria tessile, ma anche città carica di storia e di tradizione, ben visibili nelle testimonianze architettoniche e monumentali del centro storico. A cominciare dalla Basilica di Santo Stefano, duomo della città nell’omonima piazza. Da qui possiamo percorrere via Mazzoni, arrivare in piazza del Comune, dominata dal Palazzo Pretorio e arricchita dalla Fontana del Bacchino; e in via Ricasoli dove ha sede il biscottificio di Antonio Mattei, il più antico della città: qui si assaggiano i famosi cantucci o biscottini di Prato, sia nella versione classica alle mandorle che nelle varie varianti, e altre dolcezze.
Prato è anche la città di due grandi maestri pasticcieri, Paolo Sacchetti e Luca Mannori; nei loro laboratori e nelle loro botteghe preparano e vendono, accanto ai dolci più tipici della tradizione locale, come le pesche, creazioni nuove e fantasiose, veri gioielli golosi. Il tour nel centro può concludersi al Castello dell’Imperatore in piazza delle Carceri, un’imponente fortezza; spostandosi poco lontano merita senz’altro attenzione il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, vero crocevia di esposizioni estemporanee e altre iniziative per la conoscenza delle espressività dei nostri tempi.
Prato è anche capoluogo di un distretto enogastronomico ricco di eccellenze, a cominciare dalla mortadella, prodotto a marchio IGP da febbraio 2016 e presidio Slow Food fin dal 2000. L’origine di questo particolare salume ottenuto con speciali tagli di carni suine, sale, aglio con l’aggiunta di alkermes è piuttosto antica. Le spezie utilizzate (cannella, coriandolo, noce moscata, chiodi di garofano) e le tecniche di lavorazione fanno pensare a un prodotto di stampo medievale.
Il pane, chiamato bozza, tipico della tradizione contadina, è ormai un elemento di identità culinaria del territorio; è senza sale come da tradizione toscana, leggermente acido e si presta ad accompagnare qualunque tipo di pietanza.
Nella vicina Carmignano si produceva vino fin dall’epoca etrusca e romana; nel 1716 la sua area di produzione fu individuata dal granduca Cosimo III de’ Medici come una delle quattro zone a vocazione vitivinicola della Toscana. Oggi nelle colline che salgono dalla pianura cittadina verso il Montalbano vengono prodotti vini eleganti tutelati da doc e docg.
La ricetta più specifica della cucina pratese è quella dei sedani ripieni: le costole dell’ortaggio, precedentemente scottate, vengono riempite con un impasto di carne, mortadella, parmigiano, aglio, prezzemolo, uova, sale, pepe e noce moscata; infarinate, passate nell’uovo, fritte e infine messe a sobbollire in un ragù di carne. Si preparano ancora in molte case e a volte in qualcuno dei ristoranti e delle trattorie più tipici, come Soldano e Su Santa Trinita nel centro cittadino; o Su pe’ i canto nella piazzetta di Carmignano.
Il secondo giorno ci porta a Pistoia, che ha un centro storico ricco attrattive: un paio di bei musei, un’ampia, spettacolare piazza del Duomo con la cattedrale di San Zeno in stile romanico-pisano; e piazza della Sala, raccolta fra le case, con al centro un antico pozzo, cuore alimentare della città. Storicamente sede del mercato e di tutte le attività di scambio merci, anche oggi la piazza e le strade adiacenti hanno mantenuto questa vocazione: quindi troverete sullo spazio centrale bancarelle di frutta e verdura, tutto intorno negozi pieni di specialità, a cominciare dai pecorini della vicina montagna pistoiese e dai brigidini, sfoglie all’anice della vicina Lamporecchio.
La cucina più tipica è quella dei ricordi e dei sapori della tradizione toscana, arricchita qui dai frutti del vicinissimo Appennino, primo fra tutti la castagna; con la sua farina si preparano i deliziosi necci: sottili crepes spesso arrotolate e riempite di ricotta fresca.
Particolarissima è pure la zuppa del carcerato: in città in tempi remoti i macelli comunali erano addossati alle carceri; e le interiora degli animali macellati, insieme ad altri scarti, non venivano vendute ed erano per lo più o buttate. I carcerati, che non godevano certo di un buon regime alimentare, chiesero e ottennero di poter usare quegli scarti; e mettendo insieme pane secco, acqua e rigaglie crearono quella zuppa da sempre chiamata la zuppa del carcerato, che col tempo si è venuta arricchendo e insaporendo con odori, formaggio, aglio, pomodorini e naturalmente l’extravergine d’oliva delle vicine colline.
Il secondo giorno ci porta a Pistoia, che ha un centro storico ricco attrattive: un paio di bei musei, un’ampia, spettacolare piazza del Duomo con la cattedrale di San Zeno in stile romanico-pisano; e piazza della Sala, raccolta fra le case, con al centro un antico pozzo, cuore alimentare della città. Storicamente sede del mercato e di tutte le attività di scambio merci, anche oggi la piazza e le strade adiacenti hanno mantenuto questa vocazione: quindi troverete sullo spazio centrale bancarelle di frutta e verdura, tutto intorno negozi pieni di specialità, a cominciare dai pecorini della vicina montagna pistoiese e dai brigidini, sfoglie all’anice della vicina Lamporecchio.
La cucina più tipica è quella dei ricordi e dei sapori della tradizione toscana, arricchita qui dai frutti del vicinissimo Appennino, primo fra tutti la castagna; con la sua farina si preparano i deliziosi necci: sottili crepes spesso arrotolate e riempite di ricotta fresca.
Particolarissima è pure la zuppa del carcerato: in città in tempi remoti i macelli comunali erano addossati alle carceri; e le interiora degli animali macellati, insieme ad altri scarti, non venivano vendute ed erano per lo più o buttate. I carcerati, che non godevano certo di un buon regime alimentare, chiesero e ottennero di poter usare quegli scarti; e mettendo insieme pane secco, acqua e rigaglie crearono quella zuppa da sempre chiamata la zuppa del carcerato, che col tempo si è venuta arricchendo e insaporendo con odori, formaggio, aglio, pomodorini e naturalmente l’extravergine d’oliva delle vicine colline.